Il DNA è un gigantesco manuale d’istruzioni fatto di miliardi di lettere. Tutte (o quasi) le cellule ne possiedono due copie che custodiscono gelosamente.
Nonostante sia lo stesso DNA (e quindi le stesse istruzioni) a dirigere la “costruzione” di tutte le nostre cellule, i risultati sono decisamente variabili: tra un neurone, ossia una cellula del cervello, uno spermatozoo, ovvero una cellula germinale, o una cellula della pelle non c’è molto in comune. È più o meno come se, a partire dalle stesse istruzioni, a qualcuno venisse fuori un armadio, a un altro un comodino e a un terzo una scrivania… Pur sempre di mobili si tratta, ma le funzioni sono diverse.
Tanta variabilità è dovuta al fatto che ogni cellula usa solo alcune “pagine” del DNA, quelle che le servono. E, per non dover maneggiare continuamente l’intero immenso manuale, la cellula prepara delle copie delle pagine selezionate, stampandole in forma di molecole di RNA.
Queste sono come fotocopie in bianco e nero di un libro a colori: molto simili all’originale, ma non esattamente identiche.
“Cellule” di Iacopo Leardini
Appena stampate, le molecole di RNA escono dal nucleo (sede del DNA), e si dirigono verso i ribosomi, le più importanti fabbriche cellulari. Il compito dei ribosomi è leggere le istruzioni contenute in ogni RNA e usarle per produrre una proteina specifica, che poi svolgerà le sue particolari funzioni.
Ma non sempre le cose vanno così lisce: a volte gli RNA fotocopiati non arrivano a destinazione e delle proteine corrispondenti non si vede neanche l’ombra. Il problema è che gli RNA sono poco stabili e a volte si perdono.
Molti degli “incidenti” che li colpiscono, però, non sono frutto del caso, ma di un piano preciso che mira a sabotare la produzione delle proteine. Artefici e promotori di questo piano sono i microRNA.
I microRNA sono degli RNA piccolissimi, fatti soltanto di una ventina di lettere in totale.
Piccoli come sono, i microRNA sono impossibilitati a soddisfare il desiderio più grande di ogni RNA: dirigere la produzione di una proteina. Mortificati nella loro massima aspirazione, decidono quindi di vendicarsi con chi è più fortunato di loro, dedicando tutta la propria esistenza al sabotaggio sistematico degli altri RNA.
Ogni microRNA dirige il suo rancore solo verso un gruppo specifico di RNA, quelli che gli sono in qualche modo simili. Per riconoscerli, il microRNA utilizza le poche “parole” che possiede: se ne ritrova anche solo una all’interno della pagina di un RNA, lo prende subito di mira, facendone una sua vittima.
Se il microRNA è in giornata storta, il malcapitato RNA finirà fatto a pezzi, a marcire in qualche putrida viuzza cellulare; altrimenti l’attacco si concluderà con un semplice sequestro, che impedirà comunque all’RNA di raggiungere i ribosomi e renderà quindi impossibile la produzione della corrispondente proteina.
Visto che basta una leggera somiglianza a suscitare le sue spiacevoli attenzioni, un microRNA può arrivare a controllare l’attività di un gran numero di RNA – e quindi delle proteine corrispondenti – influenzando profondamente molti processi cellulari.
Le perturbazioni del mondo dei microRNA possono quindi essere molto pericolose e infatti contribuiscono allo sviluppo di varie malattie, tra cui il cancro. Alcuni microRNA, infatti, favoriscono la formazione e la crescita dei tumori e sono particolarmente abbondanti all’interno delle cellule tumorali.
Altri invece – i microRNA “anti-cancro” – provano a frenare la corsa dei tumori, e per questo vengono spesso eliminati senza troppi complimenti dalle cellule tumorali.
Ristabilire il giusto equilibrio – ad esempio rifornendo le cellule tumorali di microRNA anti-cancro – può servire a rallentare o a bloccare la crescita dei tumori.
Il primo microRNA per la terapia del cancro è attualmente in fase di sperimentazione nei pazienti e potrebbe presto diventare un’arma importante nella lotta contro i tumori.