Come abbiamo visto in un precedente episodio di Biocomiche per AIRC, le cellule crescono e si riproducono in maniera ordinata, secondo un ciclo vitale ben definito. E anche quando si tratta di morire, non lasciano nulla al caso: la dipartita di una cellula è preceduta quasi sempre da un percorso di preparazione funebre minuziosamente controllato che si chiama apoptosi.
L’apoptosi è la morte più amata delle nostre cellule. Certo, la cerimonia è piuttosto sobria e riservata (non ci sono le carrozze con i cavalli), tanto da passare quasi inosservata. Però è rapida, pulita ed efficiente: ed è forse proprio per questo che è così apprezzata.
“Cellule” di Iacopo Leardini
Dietro alla perfetta organizzazione dell’apoptosi si celano dei geniali operatori di pompe funebri: le caspasi.
Le caspasi sono proteine capaci di trasformare in poche ore una cellula viva e apparentemente sana in un ammasso di ordinati bocconcini.
Queste proteine sono sempre presenti all’interno della cellule e reperibili 24 ore su 24, pronte a far fronte a qualsiasi emergenza. Normalmente si trovano in uno stato inattivo; ma quando arriva lo stimolo giusto entrano in azione, avviando l’apoptosi che, una volta iniziata, non può più essere arrestata. La cellula subisce quindi una serie di trasformazioni irreversibili:
– il DNA, essendo troppo ingombrante, va compattato e allo stesso tempo spezzettato in piccoli frammenti;
– le normali proteine cellulari, ormai inutili, devono essere legate tra loro, in modo che non si disperdano fuori dalla cellula mettendo in allarme tutto il vicinato;
– la struttura stessa della cellula deve essere completamente rivoluzionata: la sua massa iniziale si suddivide in tanti bocconcini circondati di membrana, contenenti ciascuno una piccola porzione della cellula.
Terminata l’opera di demolizione cellulare, le caspasi espongono sulla superficie dei bocconcini apoptotici dei segnali di riconoscimento che li rendono particolarmente appetitosi per le cellule-spazzino del sistema immunitario. Queste, richiamate dall’odore di apoptosi, giungono rapidamente sul posto e inghiottono i frammenti cellulari come se fossero caramelle (ma digerirli non sarà uno scherzo).
Durante tutti questi sconquassi, le interiora cellulari non vengono mai esposte all’ambiente circostante e questo, insieme alla rapida eliminazione delle scorie da parte delle cellule-spazzino, fa sì che le altre cellule quasi non si accorgano del tragico evento.
L’apoptosi viene chiamata spesso anche suicidio cellulare. E in effetti, in molti casi è la cellula stessa a decidere di farla finita, attivando dentro di sé le caspasi. A volte lo fa perché ha subito danni irreparabili al DNA o perché si è imbattuta in una tossina assassina; altre volte semplicemente perché non ha più gli stimoli giusti per vivere (che nel mondo delle cellule in genere sono delle proteine e si chiamano fattori di crescita).
Non sempre però le cose vanno in questo modo: spesso, anzi spessissimo, più che un suicidio cellulare, l’apoptosi è una vera e propria esecuzione.
Molte cellule, infatti, portano infilzate nella loro membrana esterna delle inquietanti proteine chiamate recettori della morte. Un recettore della morte è come il classico bottone rosso da film di fantascienza: se lo schiacci, parte la procedura di autodistruzione (cioè l’apoptosi).
Tuttavia, i recettori della morte funzionano solo se a “premerli” è la proteina giusta. Queste “proteine letali”, capaci di attivare i recettori della morte, sono ovviamente armi molto pericolose; per questo sono a disposizione solo delle cellule-killer del sistema immunitario, che le usano per eliminare gli elementi indesiderati, come le cellule infette o quelle tumorali.
Le cellule tumorali però, si sa, non si rassegnano tanto facilmente a morire; e anche in questo caso reagiscono, sfruttando le stesse armi usate contro di loro.
Anche le cellule killer, infatti, hanno sulla propria superficie i recettori della morte, il che permette all’organismo di sopprimerle in caso di necessità (le cellule killer sono un po’ delle teste calde, e se la prendono spesso con cellule innocenti). Questo però le rende vulnerabili al contrattacco di alcuni tumori che, pur non essendo assolutamente autorizzati a farlo, tirano fuori dal cilindro una delle potentissime “proteine letali”, innescando l’autodistruzione delle cellule del sistema immunitario: così facendo, si liberano di uno dei maggiori ostacoli alla propria espansione.
Altre Fonti e Approfondimenti
Apoptosis: A Review of Programmed Cell Death
Life and death by death receptors
Clearing the Dead: Apoptotic Cell Sensing, Recognition, Engulfment, and Digestion